Una delle preoccupazioni più discusse della società contemporanea è quella riguardante la sostituzione del lavoro umano con quello prodotto automaticamente da strumenti di intelligenza artificiale. Siamo stati testimoni di evoluzioni in processi produttivi e logici che da manuali sono diventati automatici, ma potrebbe mai valere lo stesso quando si parla di arte, ingegno e creatività?
Le ultime innovazioni sul fronte dell’intelligenza artificiale (IA) generativa ci portano a pensare che la risposta a questa domanda sia affermativa: si sono già visti dei cartelloni pubblicitari generati con l’intelligenza artificiale nella metro di Milano1.
Questo articolo esplora i confini tra creatività umana e artificiale, focalizzandosi sulla moda, un settore che ha sempre abbracciato l’innovazione. L’AI Artist, che usa l’IA per creare arte, incarna l’unione tra espressione artistica umana e tecnologia, usando l’IA per trasformare descrizioni scritte in immagini di moda, attraverso un processo iterativo di raffinazione del prompt dato al modello generativo e quindi del risultato dello stesso.
È esattamente questo l’approccio che è stato impiegato nelle sperimentazioni che mostreremo in questo articolo. In particolare, il nostro obiettivo è quello di valutare la possibilità di dare vita alle creazioni di due grandi artisti del passato: Christian Dior e Cristobàl Balenciaga. Porre sotto i riflettori questi due artisti non è stata una scelta casuale: il primo è mosso da un impeto creativo che lo porta a fare e disfare i propri bozzetti, intervenire ripetutamente sui modelli fino a stravolgerli; il secondo invece apporta dei cambiamenti impercettibili ai propri disegni, ma in grado di rendere ogni abito unico. Due creatività differenti, ma produttori di modelli atemporali. L’IA generativa sarà in grado di ricreare i loro pezzi iconici “Junon” e “Balenciaga velvet and tulle mermaid dress”? Sarà in grado di esprimere i due estri creativi?
La sperimentazione ha previsto la creazione di descrizioni dei pezzi iconici selezionati, le quali sono state imputate a Midjourney, un’IA che genera delle immagini basandosi su dei prompt testuali. Le figure prodotte da Midjourney sono state successivamente oggetto di ispezione e correzione, in modo tale da guidare l’IA verso la produzione di una figura il più simile ai modelli scelti.
Inizialmente è stato chiesto a ChatGPT, un’IA che genera testo, di produrre le descrizioni idonee a Midjourney e che descrivessero correttamente gli abiti selezionati. I risultati così ottenuti costituivano delle descrizioni particolarmente pompose, prive del focus necessario sulle parole essenziali per guidare il lavoro di produzione dell’immagine da parte dell’AI e uso di termini superflui. Di conseguenza i risultati erano lontanissimi dal modello originario. Per questo motivo l’utilizzo di ChatGPT è stato limitato alla sola traduzione in inglese di descrizioni prodotte manualmente in italiano. La traduzione è stata ritenuta necessaria siccome la lingua prediletta da molte IA generative, Midjourney compreso, è l’inglese.
Il primo modello ispezionato è “Junon”, Christian Dior Haute Couture Autunno-Inverno 1949, linea Milieu du siècle: petali verde acqua, per ricreare il piumaggio di un pavone, realizzato interamente in tulle, ricamato con un’infinità di paillettes.
Qui i risultati dell’IA sono stati ancor più deludenti: non c’è un rimando all’originale in nessun risultato; cambia completamente il tessuto; impossibilità di ricreare la sfumatura cromatica donata dagli strass e dalle perle. L’effetto “piuma di pavone” si traspone talvolta in particolari pieghe sulla gonna e talvolta sembra ricreare un effetto “scaglie”. Anche il corpetto non ripropone l’originale né nel colore né nelle forme. Sarebbe impossibile capire a quale abito si riferiscano i contenuti prodotti dai prompt.
Arricchendo, stravolgendo o affidandosi prima completamente a ChatGPT e poi escludendo lo strumento per la creazione dei prompt, i risultati sono ancora deludenti. In alcune situazioni si rimpiega l’uso del colore nero e bianco, non sono colte le sfumature cromatiche, non c’è corrispondenza nelle linee e sono aggiunti dettagli non presenti nell’abito originale come le cinture, i corpetti, i ricami sulla gonna o le linee verticali nere. Altre immagini sono irrealistiche, fiabesche. Un uso dei colori improprio e totalmente gestito da Midjourney. Ancora una volta forme e linee degli abiti realizzati non hanno corrispondenza con il capo originale. Anche il dettaglio delle perline e dei ricami in alcune immagini scompare del tutto e in altre compare nel corpetto e con un effetto glimmer. È nuovamente impossibile stabilire la relazione tra la creazione dell’Intelligenza Artificiale e quella di Dior.
Dei più di 30 prompt impiegati, nessuno è stato in grado di produrre un risultato anche solo simile all’originale.
Il secondo modello è un abito rappresentativo di molti modelli prodotti dallo stilista Balenciaga in quegli anni, sia per il tessuto che per il colore e le linee. È il “Balenciaga velvet and tulle mermaid dress” 1951: abito e guanti in velluto nero, senza spalle e scollo semi-sweetheart, modello a sirena, finito con bombatura in tulle bianco.
I primi modelli prodotti dall’IA riprendono l’originale nel dettaglio dei guanti, i successivi lo ignorano completamente. Solo un modello presenta il dettaglio del tulle bianco, ma tutte le rese sono molto differenti tra loro e rispetto all’originale. In molti casi non c’è corrispondenza nella scelta del tessuto impiegato né nelle linee e forme degli abiti: dagli scolli alle gonne in alcune occasioni ampie e in altre fin troppo lunghe. Presenza di arricciature inesistenti nell’originale e talvolta il dettaglio del tulle bianco che dovrebbe caratterizzare il fondo dell’abito, dove presente, viene reinterpretato in altre parti dell’abito stesso e con il colore nero.
Ritornando ai timori e ai quesiti precedentemente citati…no, l’IA non sovrasta il creativo, è priva di capacità creative e di possibilità di prevaricare o sostituire l’essere umano.
In primis, come dimostrato dalle sperimentazioni sono tanti i casi in cui lo strumento fatica a comprendere i prompt, sbagliando. Un’attività che ha dimostrato come spesso si rivelerebbe essenziale usufruire di applicazioni anche di supporto come Photoshop. In secondo luogo, il software è istruito all’interno di un campo finito: per quanto possano essere milioni le parole e le immagini con cui avviene il training dell’IA, hanno pur sempre un numero limitato e questo non gli concede la possibilità di realizzare un qualcosa di “oltre”. In terzo luogo, avvalendosi anche delle sperimentazioni successive è stato possibile comprendere che il processo creativo dell’IA, con i limiti già esposti, non è così dissimile da un Christian Dior che scarabocchia, riprende, rielabora i suoi bozzetti; si nutre totalmente della creatività umana e funge da strumento di aiuto per coloro che desiderano lavorare in questo campo, ma sono privi di istruzione legata al design di moda.
Ci si chiede anche se non si corra il rischio di un “adagiamento” dei designer a causa dell’IA. I numerosi casi di cronaca e accusa verso i creativi che in questi anni sono stati colpevolizzati per aver assegnato ad altri il compito di inventare e disegnare modelli, limitandosi a prenderne il merito, testimonia il fatto che non è l’innovazione portata da strumenti generativi a poter generare preoccupazioni riguardo questo tema.
Uno strumento dalle enormi potenzialità, ma pur sempre uno strumento. Che funge da stimolo per il pensiero creativo, che porta alla messa in gioco dell’uomo in altre prospettive. Qualcosa di ben lontano dalla capacità di prevaricarlo e sostituirlo, ma molto vicino all’uomo al fine di assisterlo.